So che chi mi conosce ora potrebbe rimanere sorpreso da questa mia affermazione, ma da bambina ero molto timida e introversa, non riuscivo a socializzare facilmente.
Quando poi socializzavo ero ben felice di giocare con gli altri bambini, purtroppo la maggior parte dei bambini non lo capiva e mi lasciava sempre sola, quando non si divertiva a prendermi in giro.
“Perché prendere in giro una bambina timida?” Ve lo starete di certo chiedendo. La verità è che non l’ho capito nemmeno io. Voglia di prevaricazione forse, di emarginare ciò che è diverso, d’altronde è una cosa che capita di frequente anche oggi, basti pensare ai casi di razzismo, di omofobia, di sessismo.
Quello che so è che i momenti più felici della mia infanzia e preadolescenza non sono legati ad altri bambini. Sono legati ai miei genitori, ai miei nonni e ai miei zii, ma non ho ricordi di momenti felici con i miei coetanei.
Uno potrebbe pensare leggendo, che la maggiore conseguenza sia che io non tolleri i bambini: niente di più sbagliato. A me i bambini piacciono, soprattutto quelli educati, li trovo teneri e divertenti. Il bullismo, perchè di bullismo di tratta, mi ha colpito in maniera meno evidente e più subdola.
Partiamo dal principio, alla scuola materna ero già presa in giro, prendevo insulti e pizzicotti, ma anche castighi. Eh sì, perchè ogni tanto provavo a reagire e subito i bulli correvano dalle educatrici, che paradossalmente mettevano me in punizione. A casa ne parlavo poco, quando ne parlavo, mia mamma mi incitava ad essere più espansiva. Ovviamente nei casi più gravi è intervenuta direttamente, ma procediamo con ordine. Io provavo ad essere più espansiva, per quando non mi riuscisse granché bene, ma ottenevo solo altri rifiuti.
La situazone non migliorò alle elementari, le prese in giro e l’emarginazione aumentavano, una volta uno dei bulli che stava seduto dietro di me, per dare un calcio alla mia sedia la mancò, ma beccò la mia schiena, facendomi venire un livido enorme. Mia madre andò subito a parlare con l’insegnante e questa le disse che mi avrebbe cambiato di posto, la mia peggiore paura, visto che avevo come compagna di banco, una delle poche bambine educate in maniera civile della classe. Mia madre giustamente si oppose e la maestra per punizione cambiò di posto il bullo, ma con mia indignazione, il suo compagno di banco restò lo stesso.
Ad una pizzata dell’oratorio, i genitori di questo bambino, evidentemente mai avvisati della sua “vivacità”, mi chiesero se trovavo simpatico il loro figliolo. Al mio secco diniego mi chiesero perchè e poi chiamarono il figlio. Pensai che finalmente qualcosa si stava muovendo, ma rimasi allibita quando gli dissero con voce amorevole: “Questa bambina ci sta dicendo che non vi volete bene…”
In quinta elementare esplosi, avevano preso di mira mio fratello minore, comincia a piangere. Mi dicevo che forse non sapevano che ci stavo così male, se mi avessero vista piangere avrebbero capito, ma la situazione peggiorò e basta e mi presero in giro ancora di più.
Ero una bambina intelligente, fantasiosa, riuscivo a giocare benissimo anche da sola e con oggetti che non erano propriamente dei giocattoli. Mio nonno mi incoraggiava, mi portava al parco, in campagna e io leggevo e poi giocavo. La solitudine però, quando è forzata, tende a opprimere.
Mi dissi che dalle medie non avrei più versato una lacrima e così feci. Scelsi di andare nella scuola media dove sarebbero andati anche gli altri compagni, credevo che sarebbero migliorati, ma soprattutto temevo che degli sconosciuti potessero essere anche peggio.
La situazione non migliorò, ero sempre la “lagna”, la “racchia” e non c’era verso di fa cambiare loro idea. Le ragazzine erano tutte in balia della loro “leader”, a cui stavo antipatica senza apparente motivo. Molte non mi invitavano alle feste solo perchè a lei non faceva piacere che io ci fossi.
Ci tengo comunque a sottolineare che il bullismo non lo fanno solo i bulli, lo fanno anche i loro aiutanti, ma soprattutto si propaga nell’indifferenza altrui.
Alle superiori decisi che nessuno si sarebbe più preso gioco di me, nono stante i problemi di salute dati dai persistenti mal di testa, studiare per me era facile e non mi ci volle molto a distinguermi. Sentivo però l’esigenza di distiguermi ulteriormente e adottai un look dark-gothic, che ben si sposava coi miei gusti musicali ed estetici, ma che soprattutto mi faceva apparire più aggressiva e meno innocua.
Abbandonai per un lungo perodo la mia fede cristiana, per quanto fossi di certo una credenta atipica come lo sono ora, perchè il bullo che mi aveva tormentato per anni era diventato vicecatechista, mentre a me questa opportunità era stata negata per via del mio aspetto e non lo tollerai, era paradossale che una persona del genere fosse considerata un buon esempio per i bambini. Tra parentesi questa persona provò anni dopo a dare di nuovo fastidio a mio fratello seduto su una panca dell’oratorio, a mio fratello bastò alzarsi e guardarlo male dall’altro del suo metro e novanta per farlo scappare con la coda tra le gambe.
Ovviamente qui sto cercando di riassumere anni di vessazioni, insulti ed esclusioni, quindi può sembrare poco, ma non lo è, io vivevo nella costante angoscia di dover andare a scuola, sebbene la scuola di per sè mi piacesse.
Più passano gli anni, più mi informo, più capisco quanto il bullismo faccia ancora silenziosamente parte della mia vita. Credo che in questa presa di coscienza la laurea in Scienze Psicologiche aiuti, ma ho il sospetto che questa laurea così fortemente voluta, sia essa stessa una specie di conseguenza. Io credo di avere scelto questo indirizzo di studi perchè avevo e ho bisogno di capire l’animo umano, di comprenderlo più a fondo possibile, per riuscire a dare una risposta al perché una bambina debba patire tanto senza aver fatto nulla di sbagliato.
Ancora oggi io ho delle serie difficoltà a piangere in pubblico e se mi succede mi sento profondamente umiliata.
Soffro di depressione, in una delle forme più subdole, ovvero ho la depressione nascosta. Quando lo dico la gente stenta a crederci, sorrido e ri rido di continuo, sembro sempre allegra. Quando ho pubblicato il primo articolo dove dicevo di averla, le persone erano incredule, lo ero pure io per avere reso pubblica una mia debolezza, ma ero stufa di dovermene vergognare, stufa di dover spiegare ogni volta perchè non potevo bere alcolici.
Ho avuto fidanzati abusanti, sia psicologicamente che fisicamente, convinta per tanto tempo che non avrei potuto avere di meglio. Ho preferito questo per tanto tempo allo stare da sola, avevo bisogno di sentirmi amata, anche da chi non faceva altro che umiliarmi.
Anche adesso ho paura di non essere accettata per come sono, ho paura che se mostrassi il mio dolore la gente si allontanerebbe, ho paura persino mentre sto scrivendo, mi chiedo se pubblicare, perchè una volta pubblicato le persone avranno un’arma in più contro di me.
Eppure non posso vivere nella paura, quindi scrivo, pubblico nella speranza che queste righe arrivino al cuore di molte persone e che le faranno riflettere su come costruire una società sempre più civile e responsabile.
Mi è stata tolta la serenità più volte, mi sono state negate un saco di possibilità, ma la speranza non la voglio perdere.


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