Parto subito ricordando a tutte e tutti che il femminismo non è il contrario del maschilismo: il maschilismo ha una visione della società in cui l’uomo prevale sulla donna, il femminismo è un movimento che invece chiede che la donna sia una pari dell’uomo in termini di diritti e dignità.
Chi vi dice il contrario non sa di cosa stia parlando, o peggio lo sa, ma la panzana di un complotto di donne cattivissime va a suo favore in qualche modo.
Per intenderci il femminismo è quello che ha permesso a noi donne di votare, di vestirci come vogliamo, di sposarci o di non farlo e di scegliere con chi etc.
Sorge però un piccolo problema: se sulla carta donne e uomini hanno pari diritti e dignità, nella realtà sradicare la cultura profondamente patriarcale è un lavoraccio che richiede tempo e fatica.
Nell’arco poco più di due settimane, ad esempio, sono stata colpita dalla cultura sessista più volte e in modo abbastanza grave.
Nel corso di un festival dove svolgevo il lavoro di barista come volontaria, sono stata ripetutamente molestata da un ragazzino appena maggiorenne, che mi ha messo in imbarazzo sia a livello lavorativo che personale, riprendendomi, chiamandomi “amore” urlando mentre usciva, guardandomi insistentemente il seno e indicandolo.
Non pago di ciò è tornato al circolo pochi giorni dopo mentre ero di turno come barista e alla mia richiesta di mettere la mascherina, mi ha riso in faccia. E’ uscito nel cortile e si è fatto prestare quella di un altro ragazzo, che quindi non l’aveva, per poi cominciare a prendermi in giro quando gli ho chiesto di mostrarmi la tessera e di uscire quando non l’ha esibita. Non solo, ha iniziato a toccarmi il braccio e alla mia richiesta di non essere toccata, ha risposto: “Ma chi ti tocca? Se ti tocco mi insudicio”. Il tutto davanti a una trentina di ragazzini che ridevano. E’ uscito solo quando esasperata ho fatto per chiamare i carabinieri, urlandomi di “imparare a vivere.
Nonostante sia stato visto da molti e molti lo conoscano, nessuno vuole dire il nome di questo ragazzo, vengo tuttora presa in giro al circolo.
Un’altro giorno invece vengono messe alle 14.00 da un membro del consiglio due casse di birre nel freezer dei gelati per dei clienti molto esigenti.
Uno di questi arriva circa tre ore dopo, esordisce con “sei spaventosa!”, la mia risposta è semplicemente stata “Se lo dice lei”, a quel punto mi fa passare per quella che non accetta quello che a suo dire che era un complimento: decido di ignorarlo.
Non pago di ciò mi chiede perché non porto al tavolo le birre, rispondo che il servizio al tavolo non è compreso nelle mie mansioni e che, anche volendo, sono sola e quindi devo stare dietro al bancone.
Gli porgo la birra dal freezer e mi dice che è calda, ne vuole una dal normalissimo frigo e dice che è meglio, continuando a lamentarsi che non ci sia il servizio al tavolo in modo che lui possa giocare tranquillamente a carte.
La scena della birra si ripete altre volte, fino a darmi della bugiarda quando gli spiego che sono state messe in freezer 3 ore prima. Esasperata, sapendo che il membro del consiglio che ha messo le birre è nel circolo, lo chiamo per far avere conferma al simpaticone che sono lì effettivamente da tre ore. A quel punto avviene la magia, avendo a che fare con un interlocutore uomo, il cliente abbassa i toni, si ricompone e tenta di spiegare invano le sue ragioni, poi addirittura ringrazia, additando me come una barista troppo nervosa.
Pochi giorni fa decido di farmi un bagno, mi viene spiritosamente da cantare “J’en ai marre”, una canzone in francese di Alizée, che parla appunto di una ragazza che si fa il bagno e che, mentre si rilassa, fa la lista delle cose di cui appunto “ne ha abbastanza”, tra cui proprio il fatto di averne abbastanza. Decido di filmarmi durante una strofa che mi piace particolarmente, coperta dalla schiuma con un filtro che fa l’effetto delle bolle che volano. Decido di condividerlo sui social. Non si vede niente, nessun ammiccamento, nessun capezzolo birichino.
Se l’avesse fatto un uomo saremmo tutti a qui a riderne e l’unica differenza sarebbe che lui non si sarebbe dovuto preoccupare che i suoi capezzoli non si vedessero. Perché si sa che i capezzoli femminili sono diversissimi da quelli maschili, no? Sono ovviamente sarcastica. Eppure per quel video, che è stato fatto in un attimo di spensieratezza, vengo “accusata” di essere sessualmente provocante e mi starebbe anche bene se a un uomo venisse posta la stessa obiezione.
A me non si vede niente, mi si accusa di ciò solo perché si intuisce che nella vasca sono nuda e mi da tremendamente fastidio che un’uomo possa mostrarsi molto più di me, senza che a nessuno venga neanche lontanamente in mente che lui voglia essere considerato un’icona del sesso.
Mi si potrebbe tacciare di esibizionismo, non avrei nulla da dire, visto che ci esibiamo a livello mondiale un po’ tutti tramite i social. Esibire il piatto a ristorante però non è considerato una provocazione nei confronti di chi non ha da mangiare, ma se io esibisco il mio corpo la mia viene considerata una provocazione, una richiesta di attenzioni esplicitamente sessuali. A nessuno passa per la testa che io abbia voluto conservare un bel momento e condividerlo. Come non è socialmente accettabile che io gioisca del mio corpo, della sua sensualità a volte o di quella che io ritengo essere la sua bellezza, che io voglia condividere con altri un’immagine di me in cui io mi sento bella.
Mi sono sentita dire che io so di essere bella, ma non è vero, chi lo dice non c’è quando mi cambio diecimila volte perché mi vedo grassa, nonostante io stia a stecchetto, solo perché la mia tiroide ha smesso di funzionare bene.
Non lo sanno quante volte rifaccio una fotografia perché ho la faccia gonfia dal pianto della sera prima, ma ho trovato un vestito che mi piace, o semplicemente ho fatto un make-up strafigo e voglio fotografarlo.
Non lo sanno quante ore sto dietro a cercare la posa giusta per imprimere nella mia foto il messaggio che voglio comunicare.
Non lo sanno quante volte sono in ritardo e vorrei semplicemente rinunciare a uscire perché la depressione mi devasta, perché ho il viso stanco, perché mi sento brutta e ridicola.
Ecco perché c’è bisogno del femminismo: perché la questione non è la sessualità, la questione è l’oppressione di un genere.
In tutte queste situazioni, avvenute in un arco di tempo molto breve, noi possiamo riscontrare quanto il fulcro della questione sia il potere e quanto questo potere non sia equamente distribuito.
Nell’arco di poco tempo sono stata molestata da un ragazzino che ha avuto il potere di umiliarmi e questo potere lo ha avuto perché la società è stata a guardare senza far niente, anzi, la società rideva di me e riteneva che fossi esagerata.
Sono stata privata della mia professionalità da un uomo, che non ha riconosciuto in me la competenza per affrontare una discussione, poi risolta con quello che secondo lui era un suo pari, addirittura ringraziandolo per le stesse cose che gli avevo detto io in precedenza, dando a me praticamente dell’isterica perché esasperata dalla sua maleducazione.
Infine sono stata privata di un po’ di frivolezza in un momento che non è certo dei più rosei, solo perché ho pubblicato qualcosa che se fosse stata pubblicata da un uomo sarebbe stata considerata simpatica, al massimo ilare.
Tutto questo perché viviamo in una società, troppo occupata a rimetterci a nostro posto per rendersi conto di quanto sia ingiusta, di quanto la parità sia ancora solo su carta.
Per questo abbiamo bisogno del femminismo: perché io non passi più delle giornate come queste, perché nessun’altra donna le debba passare.


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