E’ buffo perché in un certo qual modo quando mi hanno proclamata ero in una sorta di limbo. Troppo stremata per essere davvero felice. Ero contenta certo. Ma mancavi tu zia e io sapevo che ti dovevo molto. Mi sentivo – mi sento – in colpa per non avercela fatta. tu ci tenevi coì tanto che me lo hai detto nelle tue ultime parole : “Io combatto, voglio vedere la tua laurea, non ne ho mai vista una”. Parole che tuttora risultano scolpite dentro la mia anima e non perdono in potenza. Tu te lo meritavi di vedermi laureata, io mi meritavo di averti vicino, ma non ce l’ho fatta a renderci felici.
Nella mia corsa contro il tempo mi sono stancata, mi sono depressa, mi sono fermata a prendere quella boccata d’aria che rimpiangerò per tutta la vita.
Avevo un ultimo esame da dare e se lo avessi dato a gennaio invece che ad aprile, avrei potuto laurearmi in marzo, tu ci saresti stata.
Quanto può essere ingiusta la vita? Il dodici aprile davo l’ultimo esame e il giorno dopo peggioravi, due giorni dopo ancora te ne andavi.
Eppure, ingiusta o no, io so che per stanchezza ho perso l’opportunità di farti felice per sempre. Eppure mentre mi preparavo per questo esame, tu mi incoraggiavi, eri stanca anche tu, ma io evidentemente ero sciocca, non volevo vedere ed ero sicura che ce l’avresti fatta. Che ci saresti stata sempre nella mia vita e che ti avrei portato a vedere un sacco di posti. Sei stata delle persone più buone che io abbia mai conosciuto, con una capacità di perdonare enorme che hai voluto passarmi, che ti sono grata di avermi passato. Avresti voluto vedere la nostra famiglia unita di nuovo e io porto con me ancora la tua speranza. Forse è sciocco, sperare in qualcosa in cui nessuno vuole sperare, ma se tu hai combattuto fino alla fine, se le tue ultime parole per me sono state di lotta, chi sono io per non sperare e lottare?
A volte mi chiedo se sono più una “Dottoressa in fallimenti” che una “Dottoressa in scienze psicologiche”. Il fallimento sembra una costante della mia vita. A volte mi sento troppo stanca perfino per alzarmi. Poi però mi alzo e cerco di perseguire i miei obiettivi: sento che te lo devo, sento che devo almeno provarci. Di questo ti devo ringraziare, di avermi trasmesso il tuo spirito combattivo, fino all’ultimo respiro.
Dev’essere una tempra di famiglia perché anche la mia mamma è una combattente, non si è mai arresa, nonostante tutte le difficoltà che ha dovuto superare, nonostante il dolore che so che porta dentro, è sicuramente un’altra persona che devo ringraziare se oggi posso essere chiamata orgogliosamente “Dottoressa”.


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