L’anno scorso il 20 marzo avevo sfidato la paura dell’altezza, mi ero arrampicata sulla scala fino al tuo loculo e lì, lasciata sola, mi avevo appoggiato la fronte contro il marmo e le lacrime erano uscite silenzione, mentre cercavo di immaginare il tuo abbraccio confortante.
Faccio fatica a far capire a chi me lo chiede, perchè i sensi di colpa mi divorano. Posso provare a spiegarli forse. Il problema è che ho paura che non vengano compresi, che vengano interpretati come paranoie, costruzioni nella mia testa che non hanno senso di essere, eppure esistono e la paura stanca, stanca davvero troppo.
Così in questa quarantena obbligata, che non mi darà modo di venirti a trovare, provo a sfogarmi su questo blog che ti rendeva così fiera.
Mi sento in colpa perchè non mi sono laureata in tempo per permetterti di esserci. Perchè senza il tuo aiuto io non avrei potuto laurearmi e non mi vergogno a dirlo. Potevo laurearmi a marzo, ma ero troppo stanca, avevo dato troppi esami in troppo poco tempo, 9 nella sessione estiva e 5 in quella invernale, me ne mancava uno, ma sono stata così stupida da pensare di avere tempo e invece di darlo a gennaio, l’ho dato ad aprile, il giorno prima che tu ti aggravassi, 3 giorni prima che tu te ne andassi. Visto che le tue ultime parole a me sono state “Io combatto, io voglio vedere la tua laurea, non ne ho mai vista una”, a parte il rispondere con un filo di voce “Anch’io” quando ho detto ad alta voce il mio ultimo “Ti voglio bene”, capirai perchè il senso di colpa mi lacera l’anima.
Mi sento in colpa per non averti convinto a sentire subito altri pareri quando il tumore è tornato, tu volevi che pensassi ai libri, ma io ero convinta che non ti stavano curando nel migliore dei modi, lo sapevo che era grave, anche se tu non me l’hai mai fatto pesare, anzi, cercavi di rassicurarmi. In uno dei tuoi ultimi vocali, mentre mi disperavo per l’ultimo esame di statistica, mi confortavi, eri sicura che io ce ‘avrei fatta, ero troppo intelligente per non farcela. Ero così intelligente che non ce l’ho fatta a convincerti per tempo a farti prendere in cura in un’altra struttura… Non riesco a perdonarmelo e non so se ci riuscirò mai.
Mi sento in colpa perchè mentre tu affrontavi la chemioterapia, io cadevo in depressione, usavo tutte le mie forze per studiare e per occuparmi della nonna, ma poi arrivavano i momenti bui in cui desideravo di morire, momenti terrificanti, con cui a volte faccio ancora i conti. Tu stavi morendo e io desideravo di morire, come faccio a perdonarmi questo? Come faccio a non dire che è morta la persona sbagliata? Avrei meritato di essere al tuo posto solo per averlo pensato, avrei voluto essere al tuo posto, perchè tu eri una persona molto migliore di me. Hai sofferto molto più di me nella vita, non hai potuto coronare tanti dei tuoi sogni e mi hai dato la possibilità di realizzare i miei, ma più di qualcunque altra cosa, tu mi hai insegnato il valore del perdono, hai perdonato anche ciò che per alcuni è impossibile e mi hai spronato a fare altrettanto. Io ce l’ho messa tutta zia, ho perdonato persone che mi hanno fatto tanto male nonostante volessi loro bene, ma non riesco ancora a perdonare me stessa. Spero prima o poi di riuscirci, per ora posso solo non farmi prendere dallo sconforto più totale, cercare di essere forte come lo eri tu.
Il giorno del tuo compleanno piangerò, inutile dire che non lo farò, ma farò anche una torta e festeggerò quello che è stata la tua vita.
Eri così fiera che avessi imparato a fare i dolci da te, così contenta di avermi insegnato bene, che non posso che festeggiarti in questa maniera.
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