JonBenét Ramsey aveva solo 6 anni quando il 26 dicembre 1996 fu trovata morta.
Era figlia di una coppia benestante, John Bennet Ramsey era un uomo d’affari e Patricia Ann “Patsy” Paugh era un’ex reginetta di bellezza che aveva lasciato la carriera lavorativa per occuparsi della famiglia. Burke Ramsey, il fratello di JonBenét, era più grande di lei di tre anni.
La bimba partecipava regolarmente a concorsi di bellezza, ne aveva anche vinti alcuni, sempre incoraggiata dalla madre Patricia.
La sera di Natale del 1996 verso le 22.00 la famiglia rincasò e i bambini furono subito messi a letto, mentre i genitori ultimavano i preparativi per la partenza del giorno seguente. Verso le 5.30 del mattino, Patricia si alzò e trovo sulle scale un biglietto sul quale era scritto che la figlia era stata rapita e che veniva chiesto un riscatto per la sua liberazione.
Di seguito il testo della richiesta:
«Signor Ramsey, Ascolti bene! Siamo un gruppo di persone che rappresentano una piccola fazione straniera. Rispettiamo il suo lavoro ma non la nazione per cui lo svolge. In questo momento abbiamo sua figlia in nostro possesso. È sana e salva e se vuole che veda il 1997, deve seguire le nostre istruzioni alla lettera. Prelevi 118.000$ dal suo conto. 100.000 devono essere in biglietti da 100 e gli altri 18.000 in biglietti da 20. Si assicuri di portare alla banca una valigetta di dimensioni adeguate. Quando torna a casa metta i soldi in una busta di carta marrone. La chiamerò domattina tra le 8 e le 10 per darle le istruzioni per la consegna. La consegna sarà faticosa per cui le consiglio di essere riposato. Se vediamo che preleva i soldi prima, la chiamerò presto per accordarci su una consegna anticipata e quindi una riconsegna anticipata di sua figlia. Ogni deviazione dalle mie istruzioni causerà l’immediata esecuzione di sua figlia. Non avrà nemmeno i suoi resti per il funerale. I due signori che la tengono in custodia non hanno una particolare simpatia per lei, per cui la avverto di non provocarli. Parlare a chiunque della sua situazione, come alla polizia, all’FBI ecc., avrà come risultato la decapitazione di sua figlia. Se la vediamo parlare anche con un cane, lei muore. Se lei avverte la banca, lei muore. Se i soldi sono in qualsiasi modo segnati o manomessi, lei muore. Può provare a imbrogliarci ma sappia che noi conosciamo molto bene le tattiche e le contromisure delle forze dell’ordine. Ha 99 possibilità su 100 di uccidere sua figlia se tenta di fregarci. Segua le nostre istruzioni e avrà il 100% di possibilità di riaverla indietro. Lei e la sua famiglia siete sotto controllo costante, così come le autorità. Non tentare di fare il furbo, John. Non sei l’unico ricco dei dintorni, per cui non pensare che per noi uccidere sia difficile. Non ci sottovalutare, John. Usa quel tuo buon senso del Sud. Adesso dipende da te John!
Vittoria!
S.B.T.C»
La madre chiamò subito il 911 per chiedere aiuto, nonostante l’intimidazione dei rapitori di non farlo.
La polizia locale perlustrò l’interno e l’esterno dell’abitazione, ma nulla fu trovato. La somma richiesta dai rapitori era tra l’altro esattamente la stessa cifra di un bonus ricevuto da John Ramsey come presidente della sua azienda.
Verso le 13.00 arrivò il detective Linda Arndt, che chiese a John di ispezionare la casa con dei suoi amici accorsi lì, per capire se ci fosse stato qualcosa fuori posto. Fu così che John trovò il corpo della sua figlioletta morta nel seminterrato. Nonostante il rigor mortis, le strappò il nastro adesivo dalla bocca e la porto al piano di sopra, cercando di rianimarla.
JonBenét aveva i polsi e il collo legati debolmente legati con del filo di nylon ed era stato usato il manico rotto di un pennello di Patricia per formare una garrota per strangolare la bambina. La piccola aveva anche un cuoricino disegnato su una delle manine. Il corpo fu spostato nuovamente da uno dei detective sul pavimento e John lo coprì con una coperta.
La scena del crimine era stata fortemente contaminata e l’autopsia avrebbe rivelato che Jonbenét era morta per strangolamento, ma che era stata colpita alla testa con un oggetto non contundente, che le aveva provocato una frattura del cranio, e che presentava segni di quella che poteva essere una insolita violenza sessuale, infatti sembrava opera di uno stupratore giovane e maldestro, che aveva esplorato il corpo della bambina con le mani. Una traccia di DNA fu trovata sulla biancheria intima. Il resto del pennello che era stato utilizzato per costruire la garrota non era stato ritrovato e nello stomaco della bimba fu ritrovato dell’ananas, presente sul tavolo dei Ramsey, ma che nessuno ricordava di averle dato. Il nastro adesivo le era stato applicato sula bocca dopo la morte. La piccola era stata strangolata da dietro, come se il suo assassino non volesse guardarla negli occhi.
Anche se il DNA li scagionava, tutta la famiglia fu sospettata del delitto, si scoprì che la bambina era oggetto di forte pressione da parte dei genitori, che soffrisse per questo di enuresi notturna, ovvero bagnava ancora il letto molto spesso. Si sospettò che il padre l’avesse uccisa per nascondere i suoi abusi sessuali su di lei. Sospettarono che la madre, in cura per un cancro alle ovaie e in depressione, avesse avuto un raptus omicida, scatenato dal fatto che JonBenét avesse di nuovo bagnato il letto e che le lesioni alle parti intime della bimba fossero frutto di un rude tentativo di pulizia. Sospettarono anche del fratello, che sarebbe stato invidioso della popolarità della bambina e che durante l’interrogatorio della polizia sembrava freddo e distaccato. Tutte queste ipotesi furono scartate per assenza di prove e di un movente valido.
Il DNA ritrovato fu inserito nel CODIS, il database dell’FBI, ma finora non si è trovato un riscontro.
Patricia morì di cancro dieci anni dopo senza sapere chi avesse ucciso sua figlia.
Due uomini sono stati sospettati del delitto, ma scagionati dal DNA.
Il primo è stato John Mark Karr, insegnante, arrestato a Bangkok per pornografia infantile nel 2006, che, durante il processo ammise di aver drogato e strangolato JonBénet, ma che la morte fu accidentale. Non fu incriminato perché, oltre a non combaciare il profilo del DNA con quello ritrovato, i familiari testimoniarono che Karr aveva trascorso le feste con loro.
Nel 2019 un altro detenuto Michael Olive aveva scritto una lettera ad un amico nella quale si incolpava del delitto. Anche lui non venne incriminato perché il DNA non corrispondeva.
Ad oggi il mistero della morte di JonBenét Ramsey rimane un caso irrisolto.
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