Faccio la barista da un po’ ormai ed è un lavoro che mi piace molto, tanto che lo faccio anche come volontaria. Non è sempre rose e fiori purtroppo, come ogni lavoro ha i suoi lati negatvi.
Essendo a contatto col pubblico ti capitano le richieste più disparate, clienti che l’educazione non l’hanno mai imparata, situazioni al limite del surreale.

Qui di seguito trovate alcune perle.

Proprio ieri un cliente ordina un amaro, che inesorabilmente gli va di traverso. Lui tossice e sputacchia l’amaro sul bancone, sul pavimento e… su di me! Questo singolare personaggio non si sogna nemmeno di scusarsi o di chiedermi qualcosa per asciugare, imprecando esce, senza nemmeno salutare.

“Un caffè”. Ne “buongiorno”, ne “per favore”, ne “grazie”. Situazione che capita spesso e che ti fa smettere di sperare nella civiltà.

“Un caffè veloce”. Spesso l’evoluzione (o meglio involuzione) dell’ordine precedente, visto che di norma non è accompagnato da termini di cortesia. Non si capisce se il cliente speri che ignoriamo i clienti prima di lui, se pensi che la macchina dell’espresso abbia il pulsante veloce, o se creda che tra mentre facciamo il caffè ci mettiamo a fare altro, tipo dare la cera dientro il bancone, lucidare i cucchiaini o , perchè no, giocare una mano di briscola.

“Un caffè al volo”. Variante “simpatica” di “un caffè veloce”, la simpatia sta nel fatto che spesso ti immagini di farglielo “volare” addosso, lanciandolo con più o meno forza seconda di quali e quanti termini di cortesia vengano usati, sempre che vengano usati. Nella realtà con sorriso smagliante si risponde “Ma certo!” e il caffè viene fatto secondo le medesime modalità con cui viene fatto in genere.

“Non avevo mai sentito di una barista laureata, perchè fai questo lavoro?” Già se te l’ho detto è perchè i cavoli miei te li sei ampiamente fatti, ma perchè non capisci che c’è un limite?

“N-cfè-eca-iato-do”. Questo è quello che perviene alle orecchie di un essere umano qualunque, non hai capito nulla e quando cerchi di venire incontro alle richieste del cliente, o meglio di comprenderle e tradurle in un linguaggio familiare con un gentilissimo “Scusi?”, il cliente piccato risponde con arroganza “un caffè deca, macchiato, caldo!” e mentre tu sei lì che ringrazi che il cliente sappia scandire e cerchi di tenere a mente che l’omicidio è reato, lui incalza: “Ma sei italiana?!” con un tono che ti fa riflettere sul fatto che, in fondo, in carcere vitto e alloggio ce lo avresti.

“Ho solo questi” dice il cliente sventolando, ovviamente all’apertura, una banconota da 50 euro per un caffè da uno. A volte la frase è persino accompagnata da “Sono venuto apposta per cambiarli”. Prima di commettere un efferato omicidio, che “Dexter, levati”, ti ricordi che esistono i centesimi e gli dai il resto in pezzi più piccoli che puoi, ovviamente sorridendo e dicendo” Ho solo questi”.

“Mi mancano tot centesimi, va bene così” dice il cliente. In quei momenti esce il despota che c’è in me, perchè se va bene così lo decido io e non il cliente. Di norma basta solo lo sguardo e improvvisamente si ricordano di guardare nelle tasche o l’amico si fa avanti e mette la differenza.

Dieci minuti prima della chiusura, sono solita chiedere se qualcuno vuole un caffè prima che mi metta a pulire la macchina, indovinate cosa viene a chiedermi qualche ritardatario almeno cinque minuti dopo la chiusura…

Clienti giocano a carte, con cortesia mi rivolgo a loro dicendo che dovrei già avere chiuso da un po’, la risposta di una signora “Dacci dieci minuti, a te cosa cambia?” Evito di rispondere perchè se dovessi farlo a tono sarei troppo maleducata per i miei gusti, attendo e nel mentre mi porto avanti con cose che avrei fatto uscendo. Di minuti ne passano venti. Torno a dire che devo chiudere e la stessa signora mi risponde “Sì! Sì!” facendo con la mano il gesto di scacciare una mosca. Sorrido, vado al quadro e spengo le luci. Che giochino al buio, se ne sono capaci.

Mentre sto lavando il pavimento in chiusura, non può mancare il cliente che entra e come se nulla fosse, che va in bagno o vuole acquistare qualcosa. Ci tengo a precisare che il pavimento viene lavato solo dopo l’ora di chiusura e che la porta è aperta solo per mia comodità. Simpaticissimi quelli che, arrivati al bancone dopo aver lasciato impronte d’appertutto, ti chiedono “Posso?” E tu li guardi con rassegnazione dicendo: “Ormai…”

Non preoccupatevi ci sono anche un sacco di cose belle e divertenti in questo lavoro, la gente felice quando sei di turno perchè può chiaccherare, bambini educati e canini simpaticissimi, persone che sanno come fare un complimento senza metterti in imbarazzo, anziani che ti raccontano le loro interessantissime storie… solo che a volte anche io ho bisogno di sfogarmi e di condividere i lati peggiori. Tutto senza rancore, perchè anche le soddisfazioni sono tante, basta non dimenticarsene.


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