La quarantena a molti da alla testa, ad altri troppo tempo libero, ad alcuni evidentemente troppo poco per pensare prima di credere di poter dire e fare tutto quello che viene loro in mente.
Vengono a galla le frustrazioni e questo giochino ne è l’esempio lampante.
Due immagini con dei vasetti da riempire. Con le esperienze di vita? Con le figuracce su cui ora ridiamo? Con le nostre canzoni preferite, ma ovviamente no!
La versione femminile propone una vasta gamma di quelli che definisce “casi umani” pene-muniti che hanno incontrato nella vita, con diverese “categorie” di uomini.


La versione maschile propone invece diverse “categorie” di quelle che vengono definite, forse in un impeto di galanteria assolutamente poco efficace, semplicemente donne. Non ci lasciano manco la definizione di “casi umani”, perchè a quanto pare la parola “donna” è già il femminile di “caso umano”. Praticamente, generalizzando, noi donne siamo tutte casi umani, per cui nessun bisogno di sottolinearlo, o meglio questo è quello che sembra pensare chi ha fatto la versione maschile del gioco.


Andiamo ad analizzare più da vicino questo simpatico giochino: la prima cosa che salta all’occhio è che alcuni degli epiteti usati per gli uomini riguardano la sfera economica, cosa che non si riscontra nelle definizioni femminili, mentre la grande maggioranza delle definizioni femminili riguarda la sfera sessuale, in entrame invece possiamo trovare gli epiteti sull’abuso di sostanze.
Nei vasetti per la versione femminile troviamo definizioni come “il miliardario”, “il povero”, “il figlio di papà”. Questo e il fatto di non ritrovare le stesse definizioni per la versione maschile, ci fa capire quanto ancora nell’immaginario comune sia l’uomo a dover provvedere al guadagno, che la donna sia ancora economicamente dipendente dall’uomo, quasi come se lavorasse per hobby. Non dovrebbe a questo punto stupirci che alle donne venga ancora chiesto di rinunciare alla carriera per dedicarsi alla famiglia, o che il lavoro di cura in casa sia ancora visto come qualcosa di cui deve occuparsi la donna in primis.
Il “mammone” o “con figli” sono altri dei termini che mi hanno fatto rabbrividire. Per molti il fatto che una donna abbia un rapporto di complicità e di rispetto nei confronti di sua madre è una cosa normale, mentre l’uomo è un mammone, uno che dipende dalla mamma, che non è indipendente. Non parlo ovviamente di casi patologici, quelli ahimè sono presenti sia negli uomini, che nelle donne.
Non riesco proprio a capire invece perchè un’uomo con figli dovrebbe rappresentare un caso umano. Ci sono tante ragioni per cui una coppia decide di separarsi, un uomo che fa il padre, andando magari oltre i contrasti con l’ex compagna, lo trovo un uomo responsabile e civile.
Anche la categoria “con traumi infantili”, mi fa storcere il naso, non solo perchè i traumi non sono una colpa, ma anche perchè nelle descrizioni femminili non c’è ad esempio. Perché secondo voi? Perché un uomo dev’essere forte fin dall’infanzia. Quante volte avete sentito la frase “non fare la femminuccia” detta a un bambino? Come se piangere fosse una prerogativa femminile, come se mostrare un’emozione come il dolore ci rendesse deboli, invece che umani.
Passiamo ad analizzare la versione maschile, quella dove vengono definite le donne. Be’ le donne vengono sessualizzate in un maniera imbarazzante, anche volgarmente, per cui io utilizzerò termini più civili. Vengono definite in base alla larghezza della loro vagina, alla forma e dimensioni dei loro seni, alla loro vita sessuale, alla loro (in)disponibilità a diverse pratiche sessuali, come il sesso anale o l’ingoiare lo sperma.
Poi vengono una serie di categorie volte a denigrare la loro salute mentale, troviamo definizioni come “bipolare”, “borderline”, “ritardata”, su cui non dovrei nemmeno fare delle precisazioni. Ovviamente il bipolarismo e il disturbo borderline sono patologie serie che colpiscono sia uomini che donne, il ritardo mentale è un’alterazione dello sviluppo cognitivo e non colpisce un sesso in particolare.
Quello che da donna invece mi ha fatto stare peggio è la denominazione “la finta stuprata”. Mi ha fatto male perché lo stupro è qualcosa di orrendo e le statistiche dimostrano che sono pochissime le donne che fingono uno stupro, ma tantissime le donne che invece non denunciano per paura di non essere credute.
Questo giochino stupido e offensivo dimostra che la vera parità di genere è solo sulla carta, che dobbiamo fare ancora tanto perchè la società vada oltre al pregiudizio, perché queste definizioni siano davvero superate.
Mi auguro di cuore che riflettiate prima di prendere parte a giochi del genere, perchè in tal caso non stareste svilendo l’altro sesso o i vostri ex, in realtà stareste svilendo voi stessi.


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