Mi rendo conto che nella mia depressione, la mia insicurezza gioca una carta fondamentale, esattamente come l’ha giocata nella mia infanzia.
Mentre i bulli si prendevano gioco di me, io pensavo che se fossi stata più bella o più forte, non avrebbero osato e io avrei avuto degli amici veri.
Ancora oggi un po’ mi rammarico di non avere amici d’infanzia, le mie amicizie più durature sono pochissime e le ho cominciate dopo i 21 anni, dopo che ho iniziato a lavorare e ho acquisito un minimo di parlantina in più anche con persone con cui non avevo molta confidenza.
Non è stato comunque facilissimo, anche adesso ho difficoltà a parlare con qualcuno che vedo per la prima volta, a meno che non sia incoraggiata a farlo.
In qualche modo sono anche fiera di me, non sono molte le timide che riescono ad autodeterminarsi come vogliono, io sono riuscita a fare burlesque e a posare come modella ad esempio e lo ritengo un traguardo personale.
Pur avendo dentro di me ricordi piuttosto vividi di chi mi chiamava “racchia” o “stupida”, riesco ad espormi fisicamente e intellettualmente, non senza una certa dose di timore di non saper gestire l’emotività.
A volte la gente mi guarda sgomenta quando dico di essere stata timida e insicura o di sentirmici tuttora, eppure non sanno quante volte mi interrogo prima di dare una risposta o con quanta fatica mi sforzo di sembrare a mio agio, non hanno idea di quante volte mi cambio vestito solo perché non riesco a vedermi bella prima di uscire. In effetti, avendo io uno stile appariscente, mi rendo conto che questo possa sembrare incredibile.
Quello che più mi pesa di questa insicurezza è quella costante, insopprimibile, dolorosa sensazione di non essere mai abbastanza. O di non fare mai abbastanza. Come se il mio valore dipendesse esclusivamente da quello che riesco a fare per gli altri.
Aiuto qualcuno in difficoltà e mi sembra di non averlo fatto abbastanza. Consolo qualcuno e mi sento inadeguata. Intrattengo qualcuno che in quel momento è solo o si annoia e credo di addirittura di averlo disturbato, o di averlo annoiato di più, o che avrei dovuto farlo meglio. Parlo con qualcuno e ho paura di stare parlando troppo, di non essere abbastanza riservata, di non aver lasciato all’altro abbastanza spazio. Mi organizzano una festa e io non so se ho dedicato abbastanza tempo agli altri, se si sono divertiti abbastanza, se sono stata abbastanza grata.
Come se non bastasse, non sono solo esigente con me stessa quando si tratta degli altri, ma anche quando giudico la mia condotta a livello personale.
Mi chiedo se sono abbastanza competente quando mando un curriculum, se sto lavorando abbastanza per ottenere quello che desidero, se mi sto prendendo abbastanza cura di me stessa.
Persino mentre scrivo, mi chiedo se verrò bollata come paranoica da chi mi legge, seppur io speri invece che qualcuno mi dica che invece capisce il mio tormento.
Nonostante tutto il mio tormento interiore, comunque pubblicherò queste righe: non si può dire che io non sia coraggiosa.
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