E’ di pochi giorni fa la notizia di quel padre che, non accettando la separazione dalla moglie, uccide con premeditazione i loro figli e poi si toglie la vita.
L’assassino ha mandato un messaggio alla moglie per farle sapere che non avrebbe più rivisto i suoi figli, a nulla è valsa la sua corsa, i suoi figli non si svegliavano quando li ha trovati nella casa dove l’uovo doveva trascorrere qualche giorno in loro compagnia.
Basterebbe questo a sconvolgere la maggior parte delle persone, ma un giornale non si accorta, scrive “il dramma dei papà separati”, come se il dramma di due bambini uccisi e il dramma di una donna che chiede legittimamente la separazione dal marito, siano secondari alla non accettazione di un uomo della scelta della moglie.
A poco serve che il giornale si scusi, non è la prima volta che leggiamo titoli offensivi per le vittime, pensiamo a tutti quegli “amori malati” che sbucano nei titoli dei giornali ogni qualvolta venga commesso un femminicidio.
Quest’uomo ha cercato di distruggere, di annientare una donna, togliendole ciò a cui lei teneva di più e non si è fermato neanche davanti ai suoi figli, li ha trasformati in un oggetto, in un’arma, per rendere la vita della moglie un inferno. Ha strangolato sua figlia e ha soffocato suo figlio per dispetto, per vendetta, nei confronti di una donna che aveva scelto per se stessa. Poi, incapace di prendersi le sue responsabilità davanti alla società e alla giustizia, si è suicidato.
Fa male leggere i commenti sui social, sotto i post di chi riporta la notizia o riposta lo scandaloso titolo, fa male perché fanno capire che scrivere “il dramma dei papà separati”, non è solo un lapsus, ma qualcosa di profondamente radicato nella nostra cultura: commenti dove si invoca giustizia per i padri separati, che non vogliono essere trattati come bancomat, che vogliono vedere regolarmente i loro figli. Parlano di come la maggior parte delle donne che si separa mirino al mantenimento e impediscano loro di vedere i figli. Io non dubito che esistano anche situazioni di questo tipo, come non dubito che esista la violenza sugli uomini, ma le statistiche dicono ben altro. Non sono la maggior parte delle donne che si separa a non far vedere i figli ai padri, ma nella stragrande maggioranza dei casi, le donne che vogliono impedirlo, sono donne con una storia di abusi nel matrimonio, che hanno paura per sé e per i propri figli. Come è statisticamente noto che sono le donne ad avere la responsabilità del lavoro di cura in casa, che si occupano dei figli e che spesso lasciano o perdono il lavoro per farlo. E che dire del mantenimento? Non è certo una novità che la maggior nella maggior parte delle coppie, la parte economicamente più debole sia quella femminile, che quindi ha bisogno di maggiori tutele. Come è sempre statisticamente dimostrato che molti uomini “riscoprano” il loro ruolo di padre presente, solo al momento della separazione, non tollerando di perdere il controllo della moglie attraverso i figli e di questi ultimi, considerati più come una proprietà, che come degli esseri senzienti.
Alcuni di questi padri si attaccherebbero alla “Sindrome di Alienazione Genitoriale” anche nei tribunali, ovvero all’influenza del genitore affidatario che condizionerebbe il figlio fino a fargli disconoscere l’altro genitore. Inutile dire che questa sindrome non rientra nel DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) in quanto non è avvallata da nessun fondamento scientifico. Il suo teorizzatore, Richard Gardner, è peraltro conosciuto tra le altre cose anche per aver definito i pedofili degli esseri umani sfortunati poiché vivono in un epoca in cui la loro inclinazione viene condannata e che quando succede che un padre abusi della figlia, la colpa sarebbe da ritenersi della madre, rea di non essersi resa abbastanza seducente e disponibile verso il marito. Se queste parole vi sembrano familiari è perché uno psichiatra, noto per i suoi interventi nei salotti televisivi, ha recentemente detto che se una donna non viene guardata per strada, deve preoccuparsi. Non importa se ha una carriera e una vita felice, se perde il suo “femminile”, ovvero la sua “predisposizione naturale a sedurre”, ad essere una sorta di attrazione sessuale per il circondario maschile, è una fallita.
Poi ci son quelli che invocano al silenzio per un uomo che si è suicidato, che dicono che non possiamo sapere che problemi avesse, che dicono che probabilmente era un malato. E lì vado in bestia. Non dico che quest’uomo non avesse problemi, ma c’è una grande differenza tra avere problemi ed essere incapaci di intendere e di volere, tra distinguere tra ciò è giusto e ciò che è sbagliato.
Io sono depressa e mi capita di avere dei brutti pensieri, ma non mi capita mai di pensare di voler far del male agli altri, anzi mi capita di pensare di voler far del male a me e, sapendo che così ne farei ad altri, ci ripenso e cerco di sopravvivere.
Quest’uomo invece ha fatto del male proprio a chi si suppone dovesse voler bene, ha trattato i suoi figli come delle proprietà da buttare, solo per vendicarsi della loro madre che non voleva più stare con lui.
Non voglio stare in silenzio, perché è proprio stando in silenzio che le cose procedono come sempre, io invece voglio che cambino e soprattutto che questa cultura di stampo patriarcale cambi per il bene di tutti.


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